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NON TUTTE LE MELE RIESCONO COL BRUCO GIOVANI EROI LETTERARI ALLA PROVA DELLA SMART CRITIC La mela col bruco è smart, avere un amico che dorme in una botte è smart, il berretto con la coda di procione è smart, il tesoro è smart solo se lo avete trovato su un’isola piena di pirati.

Secondo il Dizionario di Oxford, la parola smart ha quattro significati principali: clean/net (detto di persone o abbigliamento); intelligent; fashionable; quick; ovvero pulito, ben vestito, alla moda, intelligente, raffinato, elegante, rapido, sveglio, energico.

Ogni ragazzo normale, in un periodo della sua vita, prova un irresistibile desiderio di partire e mettersi a scavare per portare alla luce un tesoro nascosto. Un bel giorno questo desiderio venne anche a Tom. […] Huck fu subito d’accordo. Huck era sempre disposto a prender parte a qualsiasi impresa che potesse offrire qualche svago e non richiedesse alcun capitale, perché egli era ricco, in modo quasi eccessivo, di quel tipo di tempo che non è denaro.

È così che inizia la più riuscita delle avventure di Tom Sawyer e Huckleberry Finn, quella che li renderà ricchi. Tra i due personaggi creati da Mark Twain nel 1876, c’è un’accorta distribuzione dei ruoli: Huck è un ragazzino di dodici o tredici anni che vive in una botte vuota, è la libertà irriconciliabile con la norma, è un fannullone con l’istinto per la verità e si muove nel mondo come saggiando continuamente i limiti della frontiera, non ha educazione, rubacchia quel che puo’ e pende spesso dalle labbra di Tom. Tom Sawyer è smart: è intelligente, astuto, veloce.

Scriveva Guido Fink che

la verità di Huck non potrebbe esistere senza le menzogne di Tom, senza le assurde fantasticherie del suo vivere by the book, che si ostina ad applicare nella vita quotidiana, come già aveva fatto Don Chisciotte , le regole polverose del Libro.

E Tom lo fa mescolando caos carnevalesco, intrigo, irresponsabilità e inclinazione per le trasgressioni delinquenziali. Ma è Tom che mena le danze. È lui che millanta un’assoluta sapienza su dove e come cercare un tesoro:

è nascosto in qualche angolo molto fuori mano, qualche volta su isole, altre volte in un baule tutto tarlato, sotto la punta di un certo ramo di un vecchio albero secco, proprio dove cade l’ombra del ramo, a mezzanotte.

E chi lo nasconde?

I briganti naturalmente. Chi credi mai che va a nasconderlo? Un insegnante di religione?

 

Tom Sawyer e Huckleberry Finn secondo Norman Rockwell: l’edizione di Le avventure di Tom Sawyer  da lui illustrata, fu pubblicata nel 1936 per i tipi della Heritage Press, New York.
Tom Sawyer e Huckleberry Finn secondo Norman Rockwell: l’edizione di Le avventure di Tom Sawyer
da lui illustrata, fu pubblicata nel 1936 per i tipi della Heritage Press, New York.

Tom Sawyer non è sempre pulito e vestito alla moda (fashionable)  ma è acuto, scaltro e impertinente. Sa che dove c’è una croce non ci sono gli spiriti dannati e sa cosa si deve fare per giocare il gioco di Robin Hood, anch’egli un bell’ esemplare di ragazzo intelligente (smart guy).  È smart anche il piccolo Capitano Bravocore, creato da Charles Dickens, un minuscolo bucaniere che in età precoce, prima di aver compiuto dieci anni, è già al comando di una splendida goletta armata di cento cannoni. Ha scelto la pirateria ritenendosi vittima di soprusi da parte di un professore di latino a cui ha chiesto la soddisfazione dovuta agli uomini d’onore.

Non avendola ottenuta, segretamente ritrasse l’animo altero da sì volgare compagnia, comprò una pistola tascabile di seconda mano, mise alcuni panini imbottiti in un sacchetto di carta, si preparò una bottiglia d’acqua alla liquirizia, e diede inizio a una carriera da prode.

La carriera da prode del Capitano Bravocore ha momenti di meritata fannullaggine,  che pure suscitano l’interesse della ciurma.
La carriera da prode del Capitano Bravocore ha momenti di meritata fannullaggine,
che pure suscitano l’interesse della ciurma.

A differenza di Tom Sawyer, Bravocore è anche aggraziato ed elegante nei suoi abiti da pirata, così come appare nelle illustrazioni di S. Beatrice Pearse. Non perde la sua compostezza anche quando sembra deciso a condannare un suo coetaneo alla fustigazione per “sfacciataggine e insolenza”.
Pure Jim Hawkins il giovane protagonista e narratore de L’isola del tesoro di Robert Louis Stevenson è smart, ovvero acuto nel soppesare le situazioni, abile nel decidere in fretta  le mosse più efficaci ed economiche, con l’animo sgombro da sensi di colpa. Dopo la fuga dei pirati che hanno devastato la sua casa in cerca della mappa del tesoro di Flint, conservata in un baule dal defunto pensionante Billy Bones, Jim è interrogato dall’ispettore Dance:

«Non hai detto che il denaro l’hanno preso? E allora, Hawkins, che cos’altro dovevano cercare? Altro denaro forse?».
«Denaro no, signore, credo di aver io quella cosa, qui, nella tasca interna della giacca; e a dir la verità preferirei che fosse messa al sicuro».
«Ma certo, ragazzo; giustissimo» disse lui. «La terrò io, se vuoi».
«Pensavo che forse il dottor Livesey… » cominciai.

 Livesey è dottore, magistrato e nobiluomo: Jim sa bene che può ricevere da lui più garanzie, e non solo immediate sul buon esito di tutta la faccenda, di quante non possa aspettarsene da un semplice ispettore. E soprattutto, migliori garanzie romanzesche che la sua scoperta non finirà con un’inchiesta ma con un’avventura. Questa impertinenza utile all’intreccio è però socialmente riprovevole nel figlio di un locandiere. Cosa evidente al capitano Smollet, l’uomo scelto per comandare la nave Hispaniola, allestita per andare a caccia del tesoro. A missione compiuta non ha esitazioni nel giudicare Jim:

«Vieni avanti Jim» disse il capitano.
«Sei un bravo ragazzo nel tuo genere, Jim: ma non credo che tu e io torneremo ancora per mare insieme. Troppo viziato e disinvolto per me».

Il giovane eroe dell’ Isola del tesoro di Robert Louis Stevenson,  nell’interpretazione a olio di Newell Converse Wyeth per l’edizione Scribner’s di New York del 1911. In evidenza la “smartitudine” dello sguardo e della postura
Il giovane eroe dell’ Isola del tesoro di Robert Louis Stevenson,
nell’interpretazione a olio di Newell Converse Wyeth per l’edizione Scribner’s di New York del 1911.
In evidenza la “smartitudine” dello sguardo e della postura

 

La disinvoltura è una qualità necessaria nell’eroe dei libri d’avventura, ancor più se molto giovane, perché è quella che permette d’infischiarsene dell’opportunità e legittimità nelle azioni intraprese. Quel che conta è che quelle azioni siano utili al conseguimento del proprio fine. Sarà l’autore a preoccuparsi che il fine sia giusto e moralmente condivisibile.
Ai giorni nostri il metro di giudizio sui requisiti etici di un personaggio positivo è ben diverso di quello impiegato da Stevenson. Nel magnifico film di Wes Anderson Moonrise Kingdom (2012) il dodicenne Sam Shakuski, orfanello scout del campo Ivanhoe, ha la nostra piena approvazione per la sua fuga d’amore con Suzi Bishop. Timidezza, leggerezza, occhiali da impiegato sessantenne, perfetta tenuta da piccolo esploratore, berretto da trapper con lussereggiante coda di procione, spavalderia e anticonformismo interiore, intelligenza del cuore ampliano il significato di smart e lo rendono appropriato per descrivere anche l’Antoine Doinel protagonista adolescente dei Quattrocento Colpi di François Truffaut (1959).
Suzi Bishop è persino più smart di Sam, con il suo amore per la musica di Benjamin Britten, il vestitino a nido d’ape rosa confetto, il mangiadischi color acquamarina, le scarpe bicolori, gli occhi bistrati, il binocolo al collo e la determinazione da pioniera. È della schiatta di Matilde la bambina inventata da Roald Dahl, per cui i genitori nutrivano la “stessa considerazione che si ha per una crosta”, nonostante lei possedesse una mente brillante e vivace e imparasse tutto così in fretta che le sue capacità avrebbero dovuto risultare evidenti anche per i più tonti tra le mamme e i papà. Ma le mamme e i papà non hanno quasi mai fiuto per la  “smartitudine” dei figli. Preferiscono adorarli, a priori. O giudicarli.

Sam Shakusky e Suzy Bishop sulle tracce del proprio avvenire
Sam Shakusky e Suzy Bishop sulle tracce del proprio avvenire
Anche Antoine Doinel è in cerca di qualcosa. Come tutti i ribelli smart.
Anche Antoine Doinel è in cerca di qualcosa. Come tutti i ribelli smart.

 Per restare dalla parte delle bambine, non dimentichiamo Pippi Calzelunghe di Astrid Lindgren: un’altra orfanella che se la cava pensando che nessuno le potrà dire di andare a letto mentre si sta divertendo e che le caramelle sono meglio del fegato di merluzzo.

Inger Nilsson nei panni di Pippi Calzelunghe.
Inger Nilsson nei panni di Pippi Calzelunghe.
Un comandamento della “smartitudine” è: fare di necessità virtù

Non vogliamo sottrarre il termine smart alla contemporaneità. Anzi dopo averlo preso in prestito per portarlo a zonzo nei secoli, siamo decisi a restituirlo arricchito di nuove suggestioni. Per i bambini che non hanno la pazienza di fare amicizia con la “smartitudine” sui classici della letteratura, una buona notizia: la si può imparare anche a scuola iniziando da piccoli. Almeno secondo la Chicago University; il suo Smart Museum of Art offre programmi gratuiti per le famiglie, studiati perché siano d’ispirazione ai bambini nel pensare l’arte e goderne creativamente: perché imparino a pensare creativamente.
C’è il programma Express Yourself: una guida alla Musa Tragica, cioè alle incarnazioni della tragedia nella pittura, per districarsi tra arte ed emozione e apprendere cosa fare, creativamente, delle proprie tempeste emotive. Oppure c’è il programma What is Abstract Art che si presenta chiedendo di dare un titolo a quelle opere d’arte astratta che un titolo non ce l’hanno. È un modo divertente, consigliato anche agli adulti, per scoprire cosa si vede quando si guarda un quadro senza soggetto. C’è poi la giornata ispirata a The Stroll (La passeggiata, 1968) un’opera sui ghetti neri dell’artista afroamericano Romare Bearden: a tecnica mista, mescola inchiostro, matita, carta e gouache; il compito per i giovani partecipanti, lavorando di colori e collage, è quello di rappresentare il luogo da cui si proviene: a caccia dello spirito dell’origine e del proprio villaggio della memoria.
Durante la Fancy Footwear s’inventano scarpe fantastiche, alate, parlanti, sorridenti, con grandi ciglia e s’impara a disegnare con gli alluci: nuove competenze,  esercizi di stile e nuovi originali punti di vista. La Mather Seerlo’s Hair Fair è un folle convegno all’aperto condotto dall’Ambasciatore Ufficiale per gli Affari Piliferi della città di Chicago: si lavora al taglio di capelli come forma d’arte, si ascolta il Quartetto dei Barbieri (un omaggio ai barbershop quartet afroamericani che cantavano a cappella), e si partecipa al concorso Parrucchiere Fai da Te. Sono richiesti originalità, indipendenza di giudizio e autostima. La finale Smart Fest si conclude con la realizzazione di un’enorme scultura collettiva realizzata con plastiche supercolorate.

Durante la Mather Seerlo’s Hair Fair i bambini hanno scoperto che per dipingere non ci vuole la testa,  basta una parrucca
Durante la Mather Seerlo’s Hair Fair i bambini hanno scoperto che per dipingere non ci vuole la testa,
basta una parrucca

Post  scriptum dolce.

Quando Hansel e Gretel scapparono dalla casa di zucchero e marzapane della strega, portarono via un suo prezioso orologio di cioccolato. Di cioccolato il quadrante, di cioccolato il pendolo e di cioccolato il contrappeso. L’orologio è anche una sveglia: appeso alla parete, fuori dalla portata di bambini troppo smart, è puntato sull’ora della merenda. Al momento giusto squilla un carillon, accompagnando la discesa di un goloso cioccolatino.  Dopo aver insegnato ai piccini cosa siano il tempo, l’attesa  e la pazienza, l’orologio fatato completa la sua opera didattica sull’incarto del cioccolatino  con brevi notazioni pedagogiche illustrate.
Questa meraviglia della smartitudine artigiana fa bella mostra di sé in una vetrina del Museo del Giocattolo e del Bambino, oggi aperto presso il Centro per l’Infanzia – BI. La Fabbrica del Gioco e delle Arti – a Cormano Milano.

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